Rusal e le sanzioni americane sui metalli

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Le sanzioni americane contro la Russia hanno colpito con estrema severità l’oligarca Oleg Deripaska e la Rusal, il maggiore fornitore di metallo fuori dalla Cina. Lo scrive in dettaglio Reuters qui.

La lunga catena di reazioni alle misure adottate da Washington in Aprile sono probabilmente sfuggite al controllo anche all’amministrazione di Donald Trump.

L’intera filiera dell’alluminio è nel caos e questo stato di cose sta provocando pesanti conseguenze in tutto il mondo. Anche negli stessi Stati Uniti.

A livello globale (dunque Cina compresa) il gruppo americano si aspetta ora un deficit di alluminio tra 600mila e un milione di tonnellate nel 2018, in aumento rispetto alle 300-700mila tonnellate che aveva previsto tre mesi fa.

Quanto all’allumina, materiale intermedio ricavato dalla bauxite, Alcoa teme che possano mancare all’appello da 300mila a 1,1 milioni di tonnellate. L’offerta scarseggia non solo a causa delle difficoltà di Rusal, ma anche per il taglio della produzione nella maxi-raffineria brasiliana Alunorte, legato a un caso di inquinamento ambientale, e il prezzo è già salito di oltre l’80% dall’annuncio delle sanzioni.

Il tutto ulteriormente complicato dall’infiammazione delle quotazioni di nickel, metallo impiegato nell’acciaio inox e nelle batterie per l’auto elettrica.

A quanto pare il mercato è già alla ricerca di una soulzione: apparentemente Rusal si sta già muovendo per cercare triangolazioni con la Cina. Pechino stessa – per ironia della sorte, visti di dazi antidumping contro il suo alluminio – potrebbe colmare le probabili carenze di metallo nel mondo occidentale.

Le tensioni sui prezzi rischiano tuttavia di proseguire ancora per qualche tempo, con possibili ricadute sull’inflazione. A maggior ragione perché il rally si somma a quello del petrolio, salito – per ragioni che nulla hanno a che vedere con dazi e sanzioni – ai massimi dal 2014.

Le tensioni geopolitiche sono alle stelle e l’eccesso di offerta che per anni aveva fatto da zavorra ai prezzi è sparito, ma Opec e Russia non sembrano intenzionate a ritirare né a ridurre i tagli produttivi.

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