Additive Manufacturing. Se ne parla spesso, ma cos’è?
La stampa 3D, nell’Industria 4.0, è la tecnologia digitale più dirompente in grado di stravolgere i paradigmi tradizionali produttivi.
La produzione parte da un modello 3D virtuale che viene stampato a strati e stravolge il processo secondo il quale la produzione avviene solitamente per asportazione di materiale dal pieno.
Additive Manufacturing, come suggerisce lo stesso nome, è produzione additiva che parte da un modello CAD e segue un processo semi automatico di conversione del file scomponendo l’oggetto in strati poi stampabili dalle stampanti 3D.
Il primo brevetto risale agli anni 80 e sono stati poi 30 gli anni necessari all’incubazione per poter oggi avere processi che sono tecnicamente ed economicamente validi anche al di fuori degli ambiti della prototipazione rapida.
L’abbattimento dei limiti in relazione alle forme che possono essere prodotte, l’eliminazione degli scarti produttivi e quindi dei costi di produzione e dei tempi del cosiddetto TTM (Time To Market) ovvero del tempo che intercorre tra l’ideazione del prodotto e la sua commercializzazione.
Gli ambiti di impiego sono svariati e sicuramente ai primi posti vi è quello del settore medico dove si stanno sperimentando nuove modalità di trattamento delle patologie e in particolare nel settore odontoiatrico. Altro ambito poi è quello abitativo e altrettanto importante quello relativo alle applicazioni aeronautiche e aerospaziali.
In tema di Additive Manufacturing, inizia a prendere forma la collaborazione tra HTS e POLIMI. Recentemente, infatti, è stato installato un forno HTS (il modello HT-S1) presso il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Aerospaziali (DAER).
Lo scopo è quello di aiutare lo sviluppo dei trattamenti termici avanzati per migliorare le condizioni strutturali dei particolari stampati.
I processi di sperimentazione prima e di produzione poi richiedono l’utilizzo di strumenti di lavoro eccellenti e proprio per questo è stato adottato il modello HT-S1.
